I 27 racconti brevi di Michele Libutti, inseriti in questa raccolta, narrano dei casi umani che in parte l’autore ha vissuto come spettatore e che ha voluto porgere al pubblico con delle considerazioni etiche, antropologiche, sperimentali, etiopatogenetiche (il termine è preso in prestito dalla medicina), volendo comunicare che alcuni atteggiamenti sono francamente patologici.
“La perfidia umana”, ad esempio, è una sorta di malattia, come le “Lacrime di coccodrillo”. Tanti esseri umani piangono e ridono nello stesso momento e l’autore sembra preoccuparsi di questo “ossimoro” di lacrime di gioia e di dolore, nel timore iperbolico che provochino una inondazione; prevalgono le lacrime di dolore ma chi conosce l’autore non si meraviglia più di tanto; una sua insegnante di greco lo definiva (come i greci che tanto amava) “tutt’altro che un allegrone”.
Oltre alle lacrime, dai suoi racconti emerge una indagine psicologica dei personaggi presi e sorpresi nella loro individualità umana, professionale, familiare. Ecco allora l’episodio del maestro elementare, di un tempo che non ritornerà più, che si commuove mentre detta una poesia ai suoi alunni, sperando, inutilmente nella loro sensibilità: l’unico ragazzo che piange pare stimolato da una cipolla nascosta.
Che dire, poi, del breve e imprevisto colloquio tra la professoressa che porta “qualcosa” da mangiare al marito al cimitero da tempo deceduto e scopre di essere una buona cuoca… dopo un incontro inatteso?
E Maria che parla di “Eternità” senza praticamente conoscere il significato di quella parola a differenza di altri termini più… coloriti e triviali, a lei ben noti? C’è, inoltre, un novello Zaccheo, esempio di pietà umana che non può dimenticare chi lo ha beneficato del tutto disinteressatamente e vuole sdebitarsi come può.
Il non plus ultra, tra i personaggi negativi, è lo psichiatra che l’autore, senza esitazione, definisce “un incivile”, augurando a tutti di non incontrarlo mai e suggerendogli di “giungere in orario”, in caso di necessità…